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Giuseppe

Giuseppe

Sono qui per far sentire il mio, il nostro grido di dolore, e perché altri genitori non debbano scontrarsi con l’assurdità della morte improvvisa di un figlio, e con la consapevolezza che se tutti avessero rispettato le “regole”, e soprattutto se chi è preposto a farle osservare non avesse chiuso tutti e due gli occhi, e non continuasse impunemente a farlo, adesso Giuseppe sarebbe all’università a dare un esame, in un campo di pallacanestro a divertirsi con gli amici, in un locale notturno a catalizzare gli sguardi delle ragazze, sulla sua moto a godersi questa meravigliosa Roma, piena di luce e di magia.
Il mio Giuseppe aveva solo 22 anni e stava andando in moto all’università di Roma 3: aveva conseguito la laurea di primo livello in Scienze Giuridiche a settembre ed aveva già sostenuto 2 esami del IV anno. Aveva scelto Roma perchè amava questa città immensamente. Qui era circondato dai suoi amici, ne aveva conosciuti tanti altri, tutti lo adoravano e con tutti era sempre disponibile, sincero, pronto ad essere sostegno sia negli studi che nelle vicissitudini personali di ognuno. Era stato soprannominato, fin da quando era un ragazzino, “Il Conte”, per i suoi modi di fare sempre gentili ed educati, e per il suo naturale portamento elegante (per conoscerlo meglio http://www.gggilconte.it o http://www.giuseppegiorgiogenovese.it ). Di passioni ne aveva coltivate davvero tante: la pallacanestro, la palestra, e soprattutto le automobili, delle quali era un vero estimatore, studioso, esperto conoscitore e cultore. Purtroppo la sua curiosità si era rivolta, negli ultimi tempi, anche alle motociclette.
Alle 14 e 15 circa di quel maledetto mercoledì 25 gennaio 2006, in sella alla sua moto, Giuseppe ha oltrepassato gli archi di Porta Portese, ed ha imboccato via Portuense, in direzione di Piazzale della Radio/V.le Marconi. Improvvisamente un motorino, con due minorenni a bordo, sbuca dal nulla, compie una inversione di marcia (con la linea continua) tagliando la strada ad un motorino e scappa via. Quest’ultimo, d’istinto, per evitare la collisione si allarga verso il centro della carreggiata, esattamente dove stava sopraggiungendo Giuseppe. I due si toccano lievemente. Perde il controllo, finisce sulla corsia opposta, sopraggiunge un furgone che riesce ad evitare: l’autista d’istinto cerca il centro della carreggiata per evitarlo, mentre lui si dirige verso il limitare della strada. Ma sulla carreggiata, incredibilmente, ci sono una serie di biciclette, messe lì in esposizione per la vendita. E come se non bastasse, oltre alle biciclette, sempre sulla strada, una macchina parcheggiata (per evitare che i veicoli che transitano in direzione degli archi di Porta Portuense possano travolgere le biciclette, ovviamente).
Giuseppe ha finito la sua corsa, e purtroppo la sua vita, travolgendo quelle biciclette e quell’auto che non dovevano essere lì. Le considerazioni medico-legali contenute nell’autopsia disposta sul corpo di Giuseppe recitano: “[…] possiamo quindi affermare che la causa della morte di Genovese Giuseppe è certamente individuabile in un grande traumatismo, potendosi altresì identificare moralmente il decesso con un incidente stradale nel quale la vittima è rimasto coinvolto in qualità di conducente un motoveicolo venuto a collisione con un ostacolo”.
Fra l’altro c’è da dire che né il conducente del motorino che ha causato l’incidente (minorenne, per il quale sono in attesa che il PM competente richieda il rinvio a giudizio), né l’altro minorenne che era a bordo dello stesso motorino, e neppure i genitori dei due ragazzi si sono mai sentiti in dovere di farmi anche una semplice telefonata per dimostrare il dispiacere, il rammarico per la tragedia causata.
Ma questa brutta storia ha degli strascichi raccapriccianti: quasi tre mesi dopo, il legale rappresentante della Europa Cicli S.r.l. sita in via Portuense 21/d (proprietari delle biciclette e della vettura contro i quali Giuseppe si è praticamente disintegrato la clavicola, la cassa toracica, i polmoni, l’addome con una copiosa emorragia interna, il fegato, e la gamba destra, la cui femorale è stata recisa con un taglio di 23 centimetri e fratture multiple), tramite il loro legale, inviano a Giuseppe una richiesta di risarcimento dei danni da lui arrecati alle biciclette ed alla macchina. A Giuseppe. La indirizzano a lui, dopo avermi incontrato per mesi mentre lo piangevo sul luogo dell’incidente, dopo avermi parlato, dopo aver toccato con mano il dolore dovuto alla sua assenza, dopo avermi chiesto addirittura un ricordino con le foto di mio figlio.
In seguito a mia richiesta di accesso ai documenti amministrativi (Legge n. 241/90), il Municipio di Roma XVI, UOA, Ufficio Aut.ni insegne e O.S.P, in data 10 maggio 2006 afferma: “[…] si informa che da atti d’ufficio risulta che in via Portuense 21/d il sig.****** esercita l’attività di vendita di cicli, ricambi ed accessori per auto e moto, con titolo commerciale rilasciato in data 23/09/1991 con autorizzazione 16, e che lo stesso non è stato a tutt’oggi autorizzato all’occupazione del suolo pubblico antistante l’esercizio in parola”. Inoltre nella sua richiesta l’avvocato del legale rappresentante della Europa Cicli S.r.l. e della proprietaria dell’auto in sosta riporta: “Nella circostanza il motociclo invadeva l’opposta corsia di marcia ed investiva il veicolo BMW e le biciclette regolarmente posteggiate”.
Dalla relazione sull’incidente stradale redatta dai Vigili Urbani di Roma, XVI Gruppo, Ufficio Infortunistica, intervenuti sul posto per i rilievi si evince che “urtava il veicolo C [Autovettura privata marca BMW 580…] fermo in sosta regolare”. Al fine di ricostruire le responsabilità relative all’incidente ho presentato istanza ai sensi della legge 241/90 al Corpo di Polizia Municipale XVI Gruppo, competente per il territorio, per avere notizie in merito alla segnaletica stradale nel tratto in cui si è verificato il sinistro. La risposta del 16 maggio 2006 recita che “in merito alla segnaletica in vigore in data 25 gennaio 2006 nel tratto compreso tra i numeri civici 21-27, si rappresenta che, effettuati i controlli in archivio e successivo sopralluogo, non vi è alcuna segnaletica verticale di divieto di sosta o linea di margine, è presente invece linea di mezzeria”. Ma il 21 maggio veniva elevato un verbale di rimozione per un’auto in divieto poiché “lasciata in sosta in zona mercato in orario di apertura”. Ma allora la sosta è legittima o no? La relazione sull’incidente stradale consta di tre pagine per descrivere quanto accaduto: la prima per le generalità dei veicoli coinvolti e dei conducenti. Una e mezza per la descrizione delle cause/circostanze dell’incidente.
1) Recita: “Lo scrivente, sulla base di quanto constatato ed appreso, provvedeva ai rilievi fotoplanimetrici concernenti: · l’area interessata al sinistro; · la provenienza e direzione dei veicoli; · il punto d’urto; · la posizione statica dei veicoli “B” e “C”; · i danni visibili riportati dai veicoli coinvolti; · le caratteristiche della località. Il materiale di cui trattasi si trova depositato presso l’archivio di questo comando”. Per avere una copia dei rilievi fotoplanimetrici il mio legale, ricevuta autorizzazione dal Tribunale, e dopo innumerevoli solleciti, ha dovuto presentare istanza alla Procura della Repubblica – Tribunale per i Minorenni, perché intervenisse per ottenerne il rilascio. E ad oggi pare non esistere alcuna planimetria dell’incidente.
2) E ancora: “Perdeva [Giuseppe] il controllo del motociclo tanto da invadere la corsia opposta di marcia e, dopo aver sormontato il marciapiede ivi esistente, urtava il veicolo “C” [la BMW] fermo in sosta regolare. Di seguito il motociclo urtava n. 6 biciclette e un triciclo lasciate sul marciapiede per la vendita danneggiandole irrimediabilmente”. Segue la minuziosa descrizione delle biciclette, per marca, modello, colore, misura… nemmeno un perito dell’assicurazione avrebbe saputo fare una descrizione così minuziosa, e pensare che per il resto manca pure la planimetria dell’incidente.
3) La relazione dei vigili riporta ancora: “tra gli astanti non venivano reperiti testi oculari”. Ma nella Relazione di servizio degli Assistenti della Polizia di Stato del Centro di Coordinamento dei Servizi a Cavallo c’è scritto che “Da informazioni raccolte tra la folla si apprendeva che la causa dell’incidente era dovuta ad uno scooter di colore grigio, con due ragazzi a bordo, mancante di parafango anteriore e luce posteriore completamente verniciata di colore grigio e che gli stessi si erano allontanati in tutta fretta su via Portuense direzione Sublicio”. Di uno dei testimoni sono poi riportati tutti i dati (lo stesso successivamente si è recato al comando dei Vigili Urbani rilasciando regolare dichiarazione).
Le biciclette sono ancora oggi sulla carreggiata e sul marciapiede, guardate le fotografie. La macchina (ovviamente la BMW è stata sostituita da una Smart) è alla fine delle stesse (provenendo dalla stessa direzione di Giuseppe) e naturalmente si trova sulla carreggiata, non al di là del marciapiede, altrimenti sarebbe nel muro.

Perché ci sono così tante dissonanze tra la relazione dei Vigili Urbani e quella degli Assistenti della Polizia di Stato e dei testimoni?
Perché affermano che le biciclette erano solo sul marciapiede invece che anche sulla carreggiata e che la macchina era in sosta regolare? Perché non è stato steso il rilievo planimetrico della dinamica dell’incidente? Oppure: dov’è?
Nella sua dichiarazione un testimone afferma: “Il ciclomotore che si è immesso sulla via Portuense, quello con i due ragazzi a bordo, non si è fermato, si è diretto verso Piazzale Portuense ed ha proseguito la sua marcia”. Gli Assistenti di Polizia nel loro verbale spiegano come sono stati individuati e fermati: “Alle ore 17.00 circa, sul posto [dell’incidente] sopraggiungevano due ragazzi che, con fare agitato, ponevano agli scriventi domande sullo stato di salute del ragazzo rimasto ferito, su come fosse accaduto e se avessimo indizi su chi fosse responsabile. A quel punto, insospettito, l’Ass. seguiva a distanza i due, che allontanatisi di circa 400 metri a piedi, recuperavano un ciclomotore HONDA SH50 cc., di colore grigio mancante di parafango anteriore e di luce posteriore verniciata di colore grigio. Pertanto venivano fermati e identificati […]”.
Il mio Giuseppe purtroppo non me lo restituisce nessuno: ho perso mio figlio, il mio migliore amico, la mia stella polare, il mio stesso respiro. Ora voglio giustizia per lui e soprattutto voglio evitare che ci siano altri morti per colpadi chi non rispetta le regole per fare solo i propri interessi, e di chi non svolge, per qualunque motivo, il proprio dovere di accertare e punire, prevenendo disgrazie simili semplicemente assolvendo al compito di vigilanza al quale è preposto.

Su via Portuense, al civico 25, accanto alle biciclette e proprio dietro la smart messa lì al posto della BMW, c’è un palo della luce con i fiori e le foto di mio figlio, il primo di una serie di targhe alla memoria e di fiori ai margini di quella strada. Vi chiedo perciò di sostenermi in questa battaglia per salvare altre vite: ho presentato una querela su quanto avvenuto, ma ho bisogno che questa vicenda faccia rumore, che in tanti si scandalizzino e si facciano sentire attraverso questo blog, che tutti manifestino il loro desiderio di giustizia lasciando qui un loro messaggio, pretendendo di vedere tutelati così i loro diritti e la loro sicurezza, perché non ci siano altri genitori a piangere i figli morti col tarlo che forse si poteva evitare.
Il papà di Giuseppe

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